Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 3581 dell’8 febbraio 2024) ha ribadito un principio di fondamentale importanza per le imprese e i professionisti: le fatture registrate nei libri contabili possono costituire prova dell’esistenza di un credito.
Ma cosa significa esattamente?
Quali sono le implicazioni pratiche per chi emette fatture e per chi le riceve?
Nel nostro ordinamento, la fattura commerciale è un documento che attesta un rapporto economico tra due soggetti: generalmente una prestazione (di beni o servizi) e il relativo corrispettivo.
Secondo la giurisprudenza, la sola emissione della fattura non è di per sé sufficiente a provare un credito in assenza di altri elementi.
Tuttavia, quando la fattura:
viene ricevuta dal cliente senza essere contestata;
viene registrata nella contabilità del cliente,
allora assume un valore probatorio molto forte. In particolare, può diventare una confessione tacita dell’esistenza del debito, secondo l’art. 2720 del Codice Civile.
La Cassazione afferma che l’iscrizione della fattura nei registri contabili non è un semplice adempimento formale, ma rappresenta un atto ricognitivo del rapporto giuridico sottostante. In altre parole, il debitore, registrando la fattura, ammette implicitamente che quella prestazione sia effettivamente avvenuta e che quel credito esista.
Questa interpretazione ha effetti molto concreti nella vita aziendale e nelle eventuali controversie legali.
È fondamentale conservare la prova dell’invio e della ricezione della fattura.
Se il destinatario non contesta e registra la fattura nei propri registri, si rafforza il valore legale del credito, facilitando un eventuale recupero coattivo.
Se la fattura non viene contestata in modo tempestivo e formale, e viene registrata in contabilità, si rischia di non poter più negare validamente il debito.
Le contestazioni verbali o informali non sono sufficienti: è necessario inviare una comunicazione scritta, meglio se tramite PEC o raccomandata A/R.
In caso di dubbi o errori, annotare nelle scritture contabili la contestazione, o comunque sospendere la registrazione fino a chiarimenti.
Nel caso analizzato dalla Cassazione, un’impresa aveva ricevuto delle fatture da un fornitore e le aveva regolarmente annotate nei propri libri. Solo successivamente, a distanza di tempo, aveva sollevato obiezioni sulla prestazione. La Corte ha ritenuto infondate le contestazioni, proprio in virtù della registrazione delle fatture, considerata come prova di accettazione del debito.
Questo tipo di orientamento non è nuovo, ma la sentenza lo conferma e rafforza ulteriormente, stabilendo una tutela concreta per i creditori in caso di inadempimento da parte del cliente.
🔹 Controlla subito le fatture ricevute: ogni documento deve essere verificato tempestivamente.
🔹 Contesta per iscritto qualsiasi anomalia: fallo entro pochi giorni dalla ricezione e conserva la prova della contestazione.
🔹 Evita di registrare in contabilità le fatture contestate, se possibile. Oppure annota chiaramente la riserva o l’opposizione.
🔹 Aggiorna le procedure interne aziendali per gestire le contestazioni in modo tracciabile e formale.
Il messaggio che arriva dalla Cassazione è chiaro: la contabilità non è solo un obbligo fiscale, ma anche uno strumento che può “parlare” in sede giudiziale.
Registrare una fattura senza opporvisi equivale ad accettarla. Per questo motivo, sia i fornitori sia i clienti devono prestare massima attenzione nella gestione documentale e contabile, per tutelare i propri diritti e prevenire spiacevoli sorprese in caso di contenzioso.